Non c’è più tempo da perdere! (Parte II)

, di Sergio Pistone

Non c'è più tempo da perdere! (Parte II)

La federazione europea subito è necessaria in primo luogo per realizzare un vero governo economico europeo, ma non è più prorogabile l’esigenza di un’Europa capace di agire efficacemente sul piano internazionale. Urgono le sfide globali le quali richiedono una più efficace ed equa governance economica e finanziaria a livello mondiale, una risposta ben più forte e rapida di quella attuale al degrado ecologico, un decisivo rafforzamento della capacità dell’organizzazione internazionale mondiale di contrastare il crescente disordine internazionale e la corsa agli armamenti. Urge la crisi nel Nord-Africa e nel Medio oriente, da cui rischia seriamente di emergere una catastrofe di dimensioni inaudite se non si interviene efficacemente e al più presto.

Dunque, l’Europa, che ha una vocazione strutturale ad agire come potenza civile, cioè a esportare nel mondo il processo di pacificazione che essa ha portato avanti, deve federalizzare la politica estera, di sicurezza e di difesa (in particolare: esercito unico, diplomazia unica, unificazione dell’aiuto allo sviluppo), per fornire il suo determinante contributo alla costruzione di un mondo più giusto, più pacifico ed ecologicamente sostenibile. Pertanto anche in considerazione dei risparmi che ciò comporterebbe e soprattutto del fatto che non si può realizzare in modo organico la solidarietà economico finanziaria e quindi fiscale sul piano sopranazionale europeo senza costruire la solidarietà nel campo della sicurezza, la federalizzazione graduale ma effettiva degli strumenti di azione internazionale dell’Europa dovrà essere contenuta nel trattato costituzionale che dovrà dar vita al governo economico europeo.

L’urgenza drammatica di un deciso avanzamento dell’integrazione europea è così evidente che i governi hanno deciso – con l’incarico dato al gruppo composto dai Presidenti del Consiglio europeo (Van Rampuy), della Commissione (Barroso), dell’Eurogruppo (Juncker) e della BCE (Draghi) – di aprire il processo che deve sboccare nella riforma dei Trattati europei. Ciò significa che nei governi più europeisti matura la consapevolezza che la risposta alla crisi esistenziale dell’euro e dell’unificazione europea è costituita dalla realizzazione dell’unione politica – obiettivo indicato in modo sempre più esplicito dalla Cancelliera federale Angela Merkel.

L’azione dei federalisti deve puntare fondamentalmente a superare i limiti dell’iniziativa dei governi. In primo luogo, l’idea espressa dai governi, di realizzare separatamente prima l’unione bancaria, poi quella di bilancio, quindi quella economica, e infine quella politica non è realistica. Se oggi è indispensabile un’Unione capace di attivare un piano europeo di sviluppo economico ecologicamente e socialmente sostenibile e dotata, quindi, di un potere fiscale e macroeconomico sopranazionale, ciò non è accettabile né concretamente possibile senza creare istituzioni democraticamente legittimate dai cittadini europei (no taxation without representation) ed efficienti (eliminazione radicale dei veti nazionali). Perciò le quattro unioni devono essere accorpate in un unico patto costituzionale federale che contenga sia il patto sul necessario risanamento dei conti degli Stati, sia il lancio di un improcrastinabile patto per lo sviluppo, sia le istituzioni federali democratiche. Questo fatto deve anche fondare, come si è detto, una capacità di azione internazionale.

In secondo luogo, la base imprescindibile di un processo costituente che porti effettivamente all’unione federale è la decisione da parte degli Stati disponibili e che hanno un’esigenza vitale della Federazione (i membri dell’eurozona e quelli che vogliono seriamente entrare nell’euro) di attuare il processo costituente fra loro dando vita a una federazione all’interno della Unione Europea di carattere confederale. In sostanza si tratta di applicare in modo rettilineo al processo costituente della federazione europea la scelta compiuta con il Fiscal Compact (da cui sono rimasti fuori la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca).

In terzo luogo, il processo costituente dell’unione federale deve essere pienamente democratico, anche per ottenere il consenso dei cittadini all’avanzamento dell’unificazione europea che ha proceduto sistematicamente senza un loro reale coinvolgimento. Ciò significa due cose: - il trattato costituzionale non può essere elaborato da una conferenza intergovernativa, bensì da una convenzione costituente deliberante a maggioranza e in modo trasparente; - la costituzione dovrà essere ratificata con un referendum da tenersi simultaneamente nei paesi che avranno partecipato alla sua redazione, ed entrerà in vigore fra i paesi ratificanti sulla base del principio della doppia maggioranza dei popoli e degli Stati.

In quarto luogo, i tempi e le tappe del processo costituente devono essere accelerati, data l’esigenza vitale di una rapida realizzazione di un’unione federale, e anche perché un processo costituente lungo e complicato non può che far aumentare il disincanto dei cittadini verso l’unificazione europea. Pertanto la convenzione costituente dovrà essere incaricata di elaborare il progetto costituzionale entro il 2013. In tal modo la ratifica per via referendaria potrà tenersi contemporaneamente alle elezioni europee del 2014, il che, tra l’altro, garantirà sia la politicizzazione in senso europeo delle elezioni europee, sia un’ampia partecipazione.

La profondità della crisi dell’unificazione europea è un fattore fondamentale che rende possibili scelte molto avanzate da parte dei governi come quelle sopraindicate, ma è chiaro che questa spinta oggettiva deve essere integrata da una spinta dal basso. Qui entra in gioco il ruolo del Parlamento europeo che deve finalmente svegliarsi e, ispirandosi al progetto Spinelli approvato a Strasburgo il 14 febbraio 1984, deve presentare al più presto una proposta organica di costituzione federale europea e ottenere il sostegno a tale proposta dei parlamenti nazionali. E un impegno fondamentale spetta alle forze federaliste che devono mobilitare in modo sistematico gli orientamenti favorevoli alla federazione europea presenti nell’opinione pubblica, nelle rappresentanze parlamentari, nelle forze politiche, in quelle economico-sociali, nella società civile, nelle amministrazioni locali, nel mondo della scuola e della cultura.

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1. Questo articolo è stato inizialmente pubblicato su PiemontEuropa (n. 3/2012) 2. Fonte dell’immagine: Flickr

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