Vie nazionali alla ripresa o governo europeo dell’economia?

In risposta a Micael Castanheira

, di Federico Brunelli

Vie nazionali alla ripresa o governo europeo dell'economia?

Seguo gli articoli pubblicati su Lavoce.info con molto interesse, spesso ne condivido i contenuti e apprezzo le argomentazioni scientifiche con cui gli autori sostengono le proprie tesi. Oggi intervengo però per criticare la proposta fatta da Micael Castanheira di costringere i governi nazionali europei ad aumentare il proprio deficit ben sopra il 3%, accantonando per un certo periodo il Patto di Stabilità, per attuare politiche pubbliche di rilancio dell’economia.

Alcune osservazioni:

  è pericoloso lasciare che gli stati si muovano in ordine sparso (e tremo al pensiero di cosa potrebbe succedere in Italia). La credibilità della moneta unica si fonda sull’impegno dei paesi aderenti a mantenere sane le finanze pubbliche. Il Patto di Stabilità sancisce l’obbligo di non sgarrare, perché il cattivo comportamento di uno o pochi paesi potrebbe danneggiare seriamente un importantissimo bene pubblico europeo (e, sempre più, mondiale) quale è l’euro, provocandone la svalutazione o, all’estremo, la scomparsa e il ritorno alle monete nazionali;

  fare deficit pubblico nazionale abbassando le tasse potrebbe scatenare una race to the bottomtra i paesi europei, incentivati ad offrire condizioni sempre più favorevoli agli investitori esteri tramite l’abbattimento della tassazione. Questo potrebbe portare all’esplosione del debito pubblico e/o allo smantellamento progressivo dello stato sociale;

  fare deficit pubblico nazionale incrementando la spesa pubblica non garantirebbe la ripresa economica. In economie aperte rappresentate da paesi piccoli, come si possono considerare i paesi europei nel mondo di oggi, una buona fetta di tale aumento della domanda si rivolgerebbe verso beni esteri, avvantaggiando così le economie di altri paesi rispetto alla nostra. Risultato: scarso aumento della produzione interna e deterioramento della bilancia commerciale. Aggiungiamo che una spesa pubblica mal gestita e improduttiva potrebbe causare inflazione, invece che aumento del reddito;

  Il coordinamento tra politiche espansive nazionali non funziona, perché non è un equilibrio di Nash: ciascuno stato ha interesse a venir meno al patto di attuare politiche espansive e a godere così senza sforzo dell’incremento delle esportazioni dovuto alle politiche di deficit spending dei paesi vicini. Per questo i governi europei, invece di attivarsi, spesso affermano di contare sul traino della «locomotiva americana». Mi pare bizzarra, e in ogni caso sbagliata e inattuabile, la soluzione di Castanheira di costringere i governi ad aumentare tutti insieme il proprio deficit, dopo tutti gli sforzi che sono stati fatti in direzione opposta in questi anni, in vista dell’ingresso nella moneta unica [1]e poi del mantenimento di una moneta sana.

Che fare quindi, per sostenere la domanda e rilanciare l’economia europea?

Le proposte “vecchie”, come quella di Castanheira, non bastano più. Serve un governo federale europeo responsabile di fronte al Parlamento europeo, dotato di un bilancio federale finanziato da imposte sovranazionali e da un limitato debito pubblico europeo (gli Union Bonds, che sarebbero molto appetibili per i risparmiatori di tutto il mondo [2]). Il governo europeo potrebbe lanciare un grande piano [3]per la ricerca, l’innovazione tecnologica, le reti di comunicazione trans-europee, le imprese comuni come Galileo, la riconversione ecologica dell’economia, senza le gravi distorsioni, sprechi e duplicazioni derivanti dall’attuazione di piccoli piani nazionali non collegati.

La dimensione europea permetterebbe di “contenere all’interno” gli effetti positivi di tale politica espansiva, e di incrementare il deficit pubblico “centrale” (aumento di un deficit, invece che di 15 o 27) senza intaccare il Patto di Stabilità che deve continuare a restare in vigore per mantenere la disciplina dei governi nazionali. Certamente, nemmeno il governo europeo dovrebbe sperperare risorse, ma aiuta qui ricordare che alcuni studi sostengono che una quota di bilancio europeo pari solamente al 2% circa del PIL europeo sarebbe già sufficiente a permettere il finanziamento di questo grande piano di sviluppo.

Il modello sociale europeo resterebbe garantito in un’area in cui la concorrenza fiscale non avrebbe luogo, perché l’esistenza di un governo dell’UE renderebbe impraticabile la competizione tra stati sui costi. Le risorse pubbliche andrebbero orientate nei settori a più alto valore aggiunto, aiutando al contempo i lavoratori poco qualificati a mantenere un lavoro ed un’esistenza dignitosi, e garantendo ammortizzatori sociali adeguati in caso di disoccupazione.

Il coordinamento tra stati che restano in ultima istanza sovrani delle finanze pubbliche non ha funzionato in passato (ne è esempio lampante il fallimento della Strategia di Lisbona) e non funzionerebbe nemmeno oggi per far ripartire l’Europa. Per governare l’economia serve appunto il governo. Serve la Federazione europea.

Fonte immagine: Flickr

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Note

[1I Paesi dell’Est Europa che ambiscono ad entrare nell’euro sono tuttora molto impegnati a risanare i propri bilanci pubblici.

[2Si veda l’ottimo articolo di Patrick Artus “L’euro, monnaie de réserve”, pubblicato su Le Monde il 31 maggio 2008; traduzione in italiano sul numero 411 de L’unità Europea a pag. 18.

[3Il piano Delors, dal nome dell’allora Presidente della Commissione europea, è rimasto un esempio di grande lungimiranza, anche se purtroppo non fu finanziato dagli stati, che lo affossarono.

Tuoi commenti
  • su 25 novembre 2008 a 23:33, di Federico Brunelli In risposta a: Vie nazionali alla ripresa o governo europeo dell’economia?

    In un articolo del Corriere di oggi (25/11) si tratta il fenomeno che ho descritto nel mio articolo qui sopra: se l’Italia fa intendere di voler rispettare Maastricht la Germania minaccia di non lanciare il proprio piano contro la crisi perchè i tedeschi pagherebbero per avvantaggiare anche l’Italia. Se l’Italia non rispetterà Maastricht avrà seri problemi di ulteriore incremento degli interessi passivi sui propri titoli di stato rispetto ai Bund tedeschi.

    Per fare un piano europeo serve un governo federale europeo, non un coordinamento, che già si dimostra difficile ancora prima di cominciare, tra 27 mini piani nazionali annunciati, di cui vedremo quanti realizzati.

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