Democrazia in pericolo

, di Lucio Levi

Democrazia in pericolo
Fonte: Image by Benjamin Bellier from Pixabay, https://pixabay.com/photos/manifestation-street-france-4900727/

Il futuro dell’umanità ha di fronte diverse sfide mortali: pandemie, armi atomiche, cambiamenti climatici, ascesa del nazionalismo e ritorno della guerra. Le istituzioni politiche, il cui compito è governare i processi economici e sociali e prendere decisioni determinanti per le future generazioni di cittadini, hanno perso la capacità di far fronte a queste minacce.

La principale contraddizione del nostro tempo è tra le dinamiche del mercato e della società civile (che sviluppano la tendenza a diventare globali) e la resistenza opposta dagli Stati (che rimangono nazionali). Viviamo in una nuova era di rivoluzione scientifica e tecnologica, che ha innescato il processo di globalizzazione. È un processo che sfugge al controllo degli Stati, limita la loro capacità di agire e intacca la loro struttura e le loro funzioni. La globalizzazione sta unificando il mondo sul piano strutturale, mentre la politica - ancora dominata dall’idea di nazione - lo mantiene diviso sul piano sovrastrutturale, il contesto dove si prendono le decisioni politiche.

Mentre la globalizzazione trascina tutti i popoli nella stessa direzione, l’ideologia nazionale li divide e mantiene l’iniqua distribuzione della ricchezza e del potere tra i popoli e impedisce un governo razionale del mondo. L’equilibrio di potere tra Stati e mercati è stato rovesciato. L’economia ha preso il sopravvento sulla politica e la finanza sull’economia reale. L’erosione della sovranità statale porta al declino della democrazia.

Secondo l’ultimo rapporto della Freedom House, il 2019 è stato il 14° anno consecutivo in cui si è registrato un declino della libertà globale. Le decisioni da cui dipende il futuro dell’umanità si spostano fuori dei confini nazionali. I cittadini sentono di aver perso il controllo del loro destino, perché le decisioni più importanti vengono prese a livello internazionale, mentre le istituzioni democratiche si fermano ai confini tra gli Stati. Ne consegue una crisi di consenso nei confronti delle istituzioni politiche e un’erosione della legittimità dei poteri pubblici.

Di conseguenza, a causa del declino dello Stato, gli interessi privati legati al mercato prevalgono e portano al declino dei valori collettivi su cui si fonda la convivenza politica. Dove ci sono le istituzioni democratiche (a livello nazionale), vengono prese decisioni di second’ordine. Dove si prendono le decisioni più importanti (a livello internazionale), non ci sono istituzioni democratiche. Pertanto, la democrazia rischia di diventare un guscio vuoto. Se la democrazia non vuole rassegnarsi ad essere soggetta al potere dei mercati globali e degli attori non statali, deve globalizzarsi. La politica di fronte alla prova di governare la globalizzazione mette in evidenza un confronto tra due progetti alternativi. Quello federalista propone di globalizzare il potere politico e la democrazia, quello nazionalista persegue il ritorno agli Stati nazionali.

Pertanto, il quadro operativo della linea di divisione tracciata a Ventotene tra forze reazionarie e progressiste, cioè tra nazionalismo e federalismo, è diventato il mondo. Da un lato, ci sono i vecchi Stati nazionali che sono una forma antiquata di organizzazione politica. Specialmente in Europa essi hanno imparato che solo l’unificazione regionale offre la possibilità di conseguire gli obiettivi che non possono essere raggiunti dai singoli Stati. Tuttavia, essi rappresentano un livello di governo che può essere utilizzato per arginare il nazionalismo etnico e i movimenti secessionisti attivi in quasi tutti gli Stati. Inoltre l’autogoverno locale è il terzo pilastro - accanto a quelli nazionale e macroregionale - del nuovo assetto che le istituzioni politiche hanno assunto allo scopo di perseguire la partecipazione delle comunità.

D’altra parte, ci sono gli Stati macroregionali che sono diventati protagonisti della politica mondiale. Essi sono gli elementi costitutivi dell’emergente nuovo ordine globale, che hanno raccolto l’eredità dei leader della guerra fredda - gli Stati Uniti e la Russia -, cui si sono aggiunti i nuovi protagonisti della politica e dell’economia globale, come la Cina, l’India e il Brasile, e le organizzazioni regionali - come l’UE, l’esperimento di unificazione tra Stati più avanzato del mondo, che si suppone debba evolvere verso un ordinamento federale -.

Tutti questi nuovi attori della politica internazionale, ad eccezione dell’UE, appartengono ancora al mondo westfaliano e si oppongono al riconoscimento di qualsiasi autorità sovranazionale. Sono orgogliosi della propria identità e indipendenza. Mentre aspirano ad affermare la loro influenza nel mondo, sono coinvolte in processi di integrazione regionale: gli Stati Uniti nel NAFTA, la Russia nella Comunità Economica Eurasiatica, il Brasile nel Mercosur, l’India nella SAARC, la Cina nell’accordo economico con l’ASEAN, il Sudafrica nell’Unione Africana.

L’UE può aprire la strada all’affermazione della democrazia nel mondo. Essendo la più grande economia globale, più grande degli Stati Uniti e della Cina, e la prima potenza commerciale del mondo, ha un interesse vitale a mantenere aperto il mercato mondiale e a rafforzare le istituzioni che promuovono questo obiettivo. Questo è il motivo che ha spinto l’UE, contro la resistenza degli Stati Uniti, a promuovere la formazione della WTO, che nasce dalla necessità di applicare nuove regole alla concorrenza globale e di farle rispettare universalmente. Una unione federale europea pienamente sviluppata sarà in grado di influenzare profondamente le tendenze della politica mondiale, in primo luogo condizionando la politica estera degli Stati Uniti. Più in generale, essa potrà svolgere un ruolo perno tra Est e Ovest, e tra Nord e Sud, perché ha un interesse vitale, a differenza degli Stati Uniti, a sviluppare relazioni positive di cooperazione con le aree limitrofe del mondo ex-comunista, del Mediterraneo e dell’Africa.

Allo stesso tempo, sarà necessario rafforzare le istituzioni internazionali (OSCE, Convenzione di Cotonou e Partenariato euro-mediterraneo) che legano l’Europa ai continenti vicini. L’UE è il laboratorio di una nuova forma di statualità basata sull’estensione dei principi dello Stato di diritto e della democrazia a livello internazionale, vale a dire sulla costituzionalizzazione e sulla democratizzazione delle relazioni internazionali. L’UE è la regione del mondo la cui evoluzione istituzionale è più vicina a una fase federale e il Parlamento europeo è il primo parlamento eletto a livello sovranazionale della storia. Può quindi svolgere il ruolo di modello e di motore del processo di democratizzazione dell’ONU. Un passo sulla via della democratizzazione dell’ONU è l’Assemblea parlamentare dell’ONU. Allo stesso tempo, la trasformazione del Consiglio di Sicurezza nel Consiglio delle grandi regioni del mondo permetterebbe a tutti gli Stati membri dell’ONU di essere rappresentati nel Consiglio di Sicurezza attraverso le loro rispettive organizzazioni regionali.

L’ascesa al potere di Trump ha inaugurato un nuovo ciclo nella politica interna e mondiale ispirato al nazionalismo, che si è diffuso, come una malattia infettiva, in tutto il mondo. Le democrazie liberali subiscono l’attacco dei partiti populisti soprattutto di destra, ma anche di sinistra. I leader autoritari, spesso eletti democraticamente, approfittano della pandemia per esacerbare le misure liberticide. Il modello antidemocratico, sostenuto da Putin e Xi-jinping, che hanno preso l’iniziativa di estendere il loro potere oltre il loro mandato, sta guadagnando terreno. In Ungheria, Orban ha assunto poteri di emergenza per governare per decreto a tempo indeterminato, il presidente ruandese Kagame sta dispiegando forze di sicurezza e soldati in tutto il paese per fare rispettare l’isolamento del paese, la Bolivia ha rinviato le elezioni, in Israele, Netanyahu ha usato la pandemia per far rinviare il processo per corruzione a suo carico, Turchia, India, Tailandia, Cambogia, Bangladesh e Venezuela hanno imprigionato attivisti dell’opposizione, giornalisti, magistrati e tutti coloro che hanno osato criticare il governo, a causa del suo atteggiamento negazionista nei confronti del coronavirus, il presidente brasiliano Bolsonaro è stato denunciato alla Corte Penale Internazionale per crimini contro l’umanità e genocidio.

Dopo aver impresso la spinta decisiva alla formazione della Società delle Nazioni e delle Nazioni Unite, e svolto per decenni il ruolo di spina dorsale dell’ordine globale, gli Stati Uniti, sotto la guida di Trump, hanno scelto «America first» come formula che riassume la sua agenda politica. Sul piano interno, Trump ha respinto i migranti islamici, ha coperto i suprematisti bianchi e le brutalità della polizia, ha fatto ricorso ad appelli razzisti e ha fatto del muro di confine con il Messico il simbolo di una società chiusa. Il suo impegno primario in politica estera è stato orientato verso lo smantellamento delle istituzioni e degli accordi internazionali che promuovono il multilateralismo e la cooperazione internazionale. Ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato sulle Forze Nucleari Intermedie (INF) con la Russia, dall’accordo nucleare con l’Iran, dal Partenariato Trans Pacifico, dagli accordi sul clima di Parigi e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. In conclusione, la politica di Trump ha scavato un profondo fossato sia tra gli Stati Uniti e il resto del mondo sia nella società americana. Con o senza Trump, gli Stati Uniti dovranno riscoprire che il loro futuro è inseparabilmente legato a una partnership globale per la pace e la democrazia internazionale. La democrazia è in pericolo. Le forze democratiche devono mobilitarsi contro il nazionalismo.

L’articolo uscirà a firma di Lucio Levi sul «The New Federalist Debate» pubblicato nel trimestre presente.

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