Un evento che coglie il cuore del futuro dei conservatori, e non solo, britannici

La National Conservative Conference e il futuro dei Tories

, di Nicola Riccardi

La National Conservative Conference e il futuro dei Tories
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I conservatori britannici stanno attraversando un momento di crisi d’identità e consenso. Sotto di 17 punti percentuali rispetto al partito laburista guidato da Keir Starmer, Rishi Sunak si trova in una posizione particolarmente scomoda, bersagliato non solo da avversari politici ma da una fetta non irrilevante del suo stesso partito.

I Tories hanno subito diverse sconfitte elettorali in diverse parti del Paese, emblematica quella consumatasi nelle amministrative del 5 maggio. La loro immagine pubblica, soprattutto dopo il clamoroso disastro del piano Liz Truss, si sta rapidamente deteriorando anche fuori dal Regno Unito. Ci sono preoccupazioni crescenti per l’unità del partito, il malcontento cresce e Rishi Sunak affronta uno dei momenti più difficili della sua gestione. È in questo clima che la National Conservative Conference 2023, finanziata dalla Edmund Burke Foundation, è approdata a Londra nei giorni 15,16 e 17 maggio. Ha attirato l’attenzione di politici, attivisti e giornalisti di diverso ordine, grado ed orientamento.

I temi affrontati durante il meeting londinese spaziano dalle questioni economiche e sociali alle politiche sull’immigrazione, dalla politica estera alla riflessione sul ruolo del nazionalismo nel partito che nel 2016 ha dato vita alla Brexit. Al centro del dibattito sono rimasti i modelli di governance, le politiche sulla sicurezza e il ruolo del Regno Unito nel contesto globale post-UE.

La conferenza, sin dal 2019, anno della sua prima edizione, ha offerto un’utile chance per i membri del Partito Conservatore UK e per i conservatori di tutto il mondo per condividere idee, discutere strategie e costruire un network di alleanze internazionali.

I NatCons, in particolare quelli americani, hanno guadagnato popolarità negli ultimi anni, attraendo figure molto diverse (come il magnate Peter Thiel o lo stesso Donald Trump), promuovendo un forte desiderio di preservare l’identità e la sovranità nazionale. Ma sorprendentemente numeroso è il numero di Membri della Camera britannica ad aver partecipato a questa edizione. Ma qual è l’agenda NatCon? Cosa distingue questo gruppo politico dal resto delle famiglie del conservatorismo tradizionale?

“Faith, Family, Flag, Freedom”. Sono queste le quattro parole che riassumono il discorso introduttivo alla seconda giornata di James Orr, uno dei principali promotori dell’iniziativa. Queste sono anche le parole chiave per comprendere il pensiero di questa corrente. La loro agenda si definisce chiaramente nazionalista e antiliberale.

Il nazionalismo di cui questa corrente si fa portavoce è tale da mettere in secondo piano qualunque altra priorità etica e morale. La comunità nazionale e i suoi interessi si considerano l’obiettivo primario e trascendentale dell’azione politica. La retorica che accompagna questa pericolosa missione politica, le cui conseguenze drammatiche abbiamo conosciuto nel secolo scorso, trova la forma di oltrepassare la dogana del buonsenso con le parole del polemista Douglas Murray, ospite d’onore della cena inaugurale, secondo cui: “I see no reason why every other country in the world should be prevented from feeling pride in itself because the Germans mucked up twice in a century.”

Se, da un lato, la battaglia culturale contro la sinistra del “wokisme” rappresenta un tratto trasversale, le politiche economiche invece, rimangono divisive. Il terzo panel della Conferenza, svoltosi la mattina del 16 maggio nell’Emmanuel Centre, offre un interessante prospettiva sul reale posizionamento di questa forza politica in rapporto alle politiche economiche. Matthew Goodwin, Professore di Politiche Pubbliche all’ Università di Kent, mette in luce come le asimmetrie prodotte dal capitalismo selvaggio ed incontrollato rappresentino un terreno di azione necessaria per chiunque voglia sottrare consensi alla sinistra, ritenuta responsabile di non fare abbastanza.

Giocando su queste asimmetrie e sulle disuguaglianze sociali ed economiche sempre più crescenti, una parte dei NatCons propone di offrire una risposta che possa essere attrattiva anche per la classe operaia del Paese e che preveda dunque un ruolo attivo dello Stato in economia. Ma questa posizione non gode di un consenso trasversale. Di diverso avviso, infatti, si mostra David Frost, secondo cui: “Non possiamo credere che il modo giusto per ricostruire la coesione nazionale sia attraverso uno stato invadente e una spesa elevata”.

Un tema che gode di largo consenso tra le fila dei NatCons è quello migratorio. Se Sir John Hayes mette in luce, nel suo intervento, The Beauty of Boundaries, la segretaria di Stato, Suella Braverman, sottolinea come: Non è bigotto dire che ci sono troppi richiedenti asilo in questo paese. Ne è razzista per nessuno voler controllare i nostri confini. Una tre giorni come quella consumatasi a Londra, non senza rumori e critiche, è interessante da guardare in una prospettiva comparata.

Da anni nelle destre europee è in corso uno slittamento verso posizioni sempre più radicali. Questo slittamento, che pure assume forme diverse in base al contesto politico e culturale nel quale si produce, presenta elementi traversali: un quadro narrativo di crisi della patria, la difesa dei confini nazionale, della famiglia tradizionale, un netto rifiuto del materialismo liberista e dell’individualismo capitalista.

Da Budapest a Madrid, da Parigi a Varsavia, da Roma a Londra, i NatCons appaiono oggi sempre meglio rappresentati, le loro idee sempre più influenti nel dibattito pubblico, e questo dato deve rappresentare oggi una delle principali preoccupazioni del progetto federalista europeo.

La battaglia per il futuro e l’identità dei Tories è aperta. Mentre David Frost suggerisce dalle colonne del Telegraph che il partito di Sunak dovrebbe abbracciare il nazionalconservatorismo, la larga maggioranza del partito resta diffidente rispetto a questa virata ideologica dai tratti a volte contraddittori. Solo il tempo ci dirà chi avrà ragione. Sunak o la sua segretaria di Stato, Suella Braverman.

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