Lo European Youth Event 2021 visto da occhi federalisti

, di Cesare Ceccato, Ludovica Smargiassi

Lo European Youth Event 2021 visto da occhi federalisti
European Youth Event 2021, Ceccato

Migliaia di giovani da tutta Europa e non solo si sono dati appuntamento al Parlamento europeo a Strasburgo per la quarta edizione dello European Youth Event, portentosa occasione di partecipazione e confronto con lo sguardo rivolto al futuro. C’eravamo anche noi.

Si è svolta nelle giornate di venerdì 8 e sabato 9 ottobre l’edizione 2021 dello European Youth Event (EYE), weekend con cadenza biennale che permette a migliaia di giovani provenienti da tutta l’Unione europea e non solo di presentare le proprie idee sul futuro dell’Europa e di confrontarsi con esperti, attivisti e membri delle Istituzioni. Un’occasione fondamentale per mettere in contatto società civile e decisori del programma politico comunitario sui temi cardine della Conferenza in corso di svolgimento, dalla democrazia allo Stato di diritto, dal cambiamento climatico alla transizione digitale, passando per economia, migrazioni, salute, istruzione e cultura.

Tra quei giovani, quest’anno, c’eravamo anche noi, non tanto in veste di redattori di Eurobull, quanto di cittadini europei, decisi a portare il proprio contributo sulla base delle conoscenze già accumulate, aperti a imparare qualcosa di nuovo, ma sempre fermamente convinti che il miglior avvenire per la nostra Europa sia la Federazione.

L’EYE ha avuto luogo dentro e intorno il Parlamento europeo a Strasburgo, capoluogo dell’Alsazia che i francesi, in barba a Bruxelles, dichiarano “capitale d’Europa”. Città fredda climaticamente parlando, ma di tutt’altra temperatura dal punto di vista della cultura e della variegata comunità che la popola; un po’ francese, un po’ tedesca, un po’ cattolica, un po’ protestante, con una grossa fetta di praticanti di altri culti e immigrati ormai di seconda generazione provenienti dai più disparati angoli del globo.

Il Parlamento europeo è un edificio maestoso. La sua imponenza ne riflette il ruolo di pilastro della storia europea contemporanea. Visitare il suo interno significa fare un’esperienza di autentica democrazia, multilinguistica e multiculturale. Le ampie vetrate, gli spazi ariosi, racchiudono lo spirito di rappresentanza dei cittadini europei, perfettamente incarnato dalla sola Istituzione dell’UE eletta a suffragio diretto. Come tale, custodisce con serietà i diritti umani, le libertà, la democrazia in Europa e nel mondo. Quando si percorrono i suoi corridoi, si attraversano le sue sale, l’interazione con il Parlamento è sempre più forte. Si è prima passanti, poi visitatori, fino a diventare partecipanti attivi. Perché la partecipazione è componente essenziale di ogni spazio, da quelli per i media e per le attività culturali a quelli di convivialità, dalle sale riunioni all’Emiciclo, sobrio e solenne, luogo di dibattito e dialogo. Qui ci si immerge del tutto nel clima travolgente di un organismo transnazionale unico nel suo genere. È dimora di votazioni storiche che hanno segnato e segnano la vita dei cittadini europei, i cui interessi sono rappresentati e difesi. La casa della democrazia accoglie la diversità, nelle opinioni, nelle idee, nelle richieste.

Il motto europeo “unità nella diversità” è quindi perfettamente incarnato nell’intera struttura così come nell’atmosfera circostante. Lingue e culture differenti si incontrano in un clima dinamico e cordiale. La diversità è una ricchezza che viene valorizzata. Nei panel, nelle discussioni, c’è spazio per ognuno di esprimersi e ogni opinione viene accolta e ascoltata. I dibattiti sono l’esempio tangibile di come funziona una componente essenziale del meccanismo europeo. L’EYE è un’occasione preziosa di vicinanza alle Istituzioni, che permette di capire concretamente il modo in cui le diversità dell’Unione operano collettivamente per portare avanti il progetto europeo e i suoi valori fondativi.

Proprio in tal senso si è sviluppato l’intenso programma dell’evento, con conferenze e attività che hanno permesso un contatto diretto tra i giovani e gli esperti dei temi su cui l’Europa ha il dovere di lavorare. Lo smisurato numero di partecipanti ha fatto sì che nemmeno un incontro si rivelasse piatto. Tuttavia, per lo stesso motivo, sommato alla capienza ridotta delle sale in cui tali si svolgevano e all’inesistenza di pause, si è rivelato impossibile assistere e intervenire di persona in tutti i panel che suscitassero interesse. Come agli altri presenti, pure a noi è toccato fare delle rinunce. Non abbiamo avuto modo di approfondire gli argomenti disuguaglianze e diritti umani, in compenso, ci siamo tuffati a capofitto sull’ambiente e sul lavoro.

Dalle voci delle attiviste Anuna De Wever e Mitz Jonelle Tan, la prima di Youth for Climate, la seconda di Fridays for Future, nonché membro della Youth Advocates for Climate Action Philippines, e da quelle della Segretaria generale delle Nazioni Unite per i giovani Jayathma Wickramanayake e del MEP Niklas Nienass sono stati sollevati temi estremamente importanti in vista della COP26 di Glasgow, che si terrà a inizio novembre. Sarà il momento conclusivo della green track, ma non dell’azione politica e popolare contro i cambiamenti climatici. L’Unione europea può fungere da modello sul tema, si è prefissata di farlo con l’ambizioso Green Deal, ma deve presto passare dalle parole ai fatti. Perché un modello deve esistere, specie per i Paesi più arretrati, come quelli dell’America Latina o del Sudest asiatico, e per quelli più restii al progressivo abbandono dei combustibili fossili.

È spettato invece al Project Manager di StartNeT, Jan Wilker, alla Labour Market Economist dell’OECD, Anja Meierkord e al Commissario europeo per l’occupazione, gli affari sociali e l’integrazione, Nicolas Schmit l’analisi sul futuro del lavoro, ambito che ha subito profonde modifiche nell’era Covid. Tenuta in considerazione l’età del pubblico, la discussione si è concentrata tanto sui NEET, i giovani non impegnati nello studio, né nel lavoro né nella formazione, per cui è stato ideato il progetto europeo ALMA, e sullo smart working. Utile quest’ultimo, secondo quanto dicono le statistiche, ma davvero così smart? A essere compromesse dalle restrizioni, secondo la maggioranza dei partecipanti, sono state soprattutto la salute mentale e la vita sociale. Non si può trovare via d’uscita da tali problematiche se non si supera l’idea che il lavoro sia solo produttività. Impresa significa anche comunità. Il bisogno che si trovi un meccanismo trasversale che, in sicurezza, riesca a permettere la coesistenza di questi due fattori è più attuale che mai.

In quanto giovani federalisti europei, le nostre energie non si sono limitate alla partecipazione nei vari panel, ma anche al supporto del progetto Next Chapter Europe, portato all’EYE Village dalla Jeunes Européens Fédéralistes (JEF). Questo, oltre al presentare le idee che il Movimento reputa imprescindibili per proseguire il processo di integrazione europea iniziato con la Dichiarazione Schuman del 1950, si è posto l’obiettivo di ascoltare quale Europa vorrebbero vivere i giovani cittadini nel 2030, quando il futuro diventerà presente. I curiosi sono stati invitati a scrivere le proprie opinioni, richieste e speranze su delle apposite cartoline che sono poi andate a ricoprire due grandi pareti in legno. Il colpo d’occhio era straordinario. Centinaia di brillanti idee, approfondite o ristrette in semplici slogan, espresse in tante lingue diverse hanno in breve allestito la tensostruttura di cui la JEF era dotata, rendendola una delle più affascinanti tra quelle che circondavano il Parlamento.

Al di là del fascino, va evidenziata l’utilità dello stand, avendo questo partorito una delle idee più sottoscritte nel weekend: un rivisto meccanismo europeo sullo Stato di diritto. Ma andiamo con ordine. Nel corso della giornata di sabato, ai partecipanti all’evento è stata data la possibilità di votare le proposte formulate al suo interno sulla base di quali si reputassero prioritarie. A votazione conclusa, le venti più condivise sarebbero entrate nell’agenda del Parlamento europeo. Il grande momento di riflessione, in cui sono state presentate le prime cinque idee per sottoscrizione, si è tenuto all’imbrunire di sabato in un Emiciclo da tutto esaurito, tenendo comunque conto dei posti a sedere non agibili per via del distanziamento sociale. Quest’ultimo aspetto ci riporta al momento particolare che stiamo vivendo; l’EYE di quest’anno è stato inevitabilmente condizionato dalla pandemia e ciò l’ha reso ancor più significativo. Sia perché, dopo molto tempo, è stato di nuovo possibile un grande evento in presenza, ma anche perché si è svolto in un momento cruciale per l’Unione. La pandemia è un punto di svolta che invita a chiedersi quale sarà il suo ruolo futuro. È forse questo il momento del suo rilancio? La Conferenza sul futuro dell’Europa sembra poter rispondere a questa domanda. È un esperimento senza precedenti di democrazia, di partecipazione attiva e coinvolgimento dei cittadini nell’esprimere le loro proposte e idee su temi cruciali e la plenaria dell’Emiciclo ha rappresentato questo slancio verso la ricerca di soluzioni comuni e condivise.

Cambiamento climatico, multilinguismo, Stato di diritto, sostenibilità ambientale e, indovinate? Federalismo! Sono state queste le cinque idee più votate sul futuro dell’Unione. Dal bisogno di incoraggiare la mobilità sostenibile e la standardizzazione dei riciclaggio alla tutela della salute, dalla protezione delle minoranze linguistiche all’attuazione di un meccanismo vincolante che consenta il rispetto dello Stato di diritto, attraverso la modifica dei Trattati e la sostituzione dell’unanimità con il voto a maggioranza qualificata fino alla proposta di un’Europa federale, che conduca al completamento del processo di integrazione. Tutte idee ambiziose e di ampio respiro. Ma più che necessarie e soprattutto in grado di cogliere appieno le sfide cruciali del periodo storico che stiamo vivendo. Inutile dire che, personalmente, sapere che la maggior parte dei presenti abbia ritenuto tali battaglie le più importanti da combattere per rafforzare quell’opera incompiuta che è l’Europa, ci ha entusiasmati e riempiti di fiducia nei confronti della generazione di cui facciamo parte. Una generazione consapevole e ambiziosa che non si è fatta scrupoli nell’esibire i progetti di cui sopra ai conduttori della plenaria, due mostri sacri del Parlamento europeo: Othmar Karas, Vice-Presidente, e Anne Sander, primo questore dell’Istituzione.

Entusiasmante è stato anche vedere in concreto in che modo l’Unione Europea sia aperta alle richieste e ai bisogni più disparati di ciascuna comunità, di ciascun cittadino. Come quelli di un ragazzo afghano, che si è appellato all’inclusività dell’Unione per richiedere accoglienza per il suo popolo travagliato da un drammatico conflitto. Oppure di una ragazza musulmana, che ha rivendicato il bisogno di combattere l’islamofobia. Esempi di come l’Unione sia pronta all’ascolto ma soprattutto sia vista davvero come modello di ispirazione e di riferimento a cui appellarsi. Le parole di questi ragazzi hanno espresso fiducia nel progetto europeo e consapevolezza della sua forza e unicità. Hanno dimostrato come l’Unione possegga tutti i requisiti per assumere una leadership nelle sfide interne così come esterne e globali. E questo ruolo non è solo astratto ma si concretizza nelle voci e negli interventi che lo riconoscono esplicitamente.

Idee per il futuro e partecipazione attiva sono quindi stati gli elementi chiave di questo EYE. Rappresentano la svolta dell’Unione che, come già espresso nel Next Generation EU, dimostra, in questo momento di crisi, di voler puntare sulle nuove generazioni per rilanciare concretamente il progetto europeo. L’UE guarda avanti e vuole essere efficace, pronta a trovare soluzioni comuni alle sfide del nostro tempo. L’EYE si è dimostrato il posto e il momento ideale per raccogliere le istanze condivise dal mondo giovanile, mondo propositivo e variegato, che non va in alcun modo etichettato come categoria e che sarebbe controproducente dotare di “quote” all’interno del Parlamento. Le nuove generazioni hanno dato ulteriore prova di voler farsi sentire e hanno saputo sfruttare la migliore delle occasioni, l’evento che più rappresenta l’Europa dei valori, quella inclusiva, aperta e partecipata, ma soprattutto vicina ai cittadini. L’EYE è stato, ed è, la prova che la vicinanza delle Istituzioni è più che presente. Allora, perché non renderla ancor più tangibile? Riproporre l’evento in ogni Stato Membro potrebbe essere un modo efficace per raggiungere questo scopo. Significherebbe far vivere i valori dell’Unione, la sua struttura, i suoi obiettivi negli angoli e negli spazi più reconditi. Portare l’EYE a livello locale, nelle città, nei comuni, rafforzerebbe l’alleanza tra l’Europa e i cittadini. Questo legame deve essere necessariamente potenziato affinché l’incontro di visioni e prospettive diverse ponga le basi per far vivere sempre più attivamente lo spirito europeo.

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