Omosessuali e donazioni di sangue, nuovo decreto in Francia

, di Sofia Masullo

Omosessuali e donazioni di sangue, nuovo decreto in Francia
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Con un nuovo provvedimento, in Francia è stata finalmente rimossa ogni limitazione relativa alle donazioni di sangue da parte di persone omosessuali. Il processo verso questa condizione di parità è durato quarant’anni, condizionato dalle ricerche sul virus dell’HIV e dalla richiesta di diritti civili.

Da mercoledì 16 marzo 2022, in Francia gli uomini MSM (uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini, dall’inglese “men who have sex with men”) non dovranno più dimostrare di aver trascorso un periodo di astinenza di almeno 4 mesi per donare il sangue, e questa regola varrà per loro come è già valida per tutte le altre persone donatrici. Il decreto ministeriale è stato firmato il 12 gennaio 2022 per entrare poi in vigore a marzo dello stesso anno.

Cosa succedeva in Francia fino a ora?

Per comprendere l’importanza di questo nuovo provvedimento bisogna tornare indietro di circa quarant’anni, con l’incedere dell’epidemia di AIDS. Con il problema del sangue infetto e della trasmissione della malattia per via sessuale, si dovette affrontare la questione della donazione di sangue da parte di uomini che avevano regolarmente (o avevano avuto) rapporti sessuali con altri uomini. All’origine dell’epidemia non erano chiare le modalità dell’infezione ed era consolidata l’idea che si trattasse di una malattia esclusivamente degli omosessuali, e quindi trasmissibile solo attraverso rapporti sessuali tra uomini. In quel periodo di allarme generale, il divieto di donare sangue riguardava perciò sia chi aveva avuto rapporti omosessuali sia chi, pur avendo avuto rapporti sessuali protetti o non avendone avuti affatto, dichiarava semplicemente di essere omosessuale. Lo stato di emergenza sembrò quindi giustificare tali restrizioni e divieti, basati tuttavia sul presupposto che solo gli omosessuali avessero comportamenti sessuali irresponsabili, promiscui e rischiosi (o che fossero in ogni caso potenziali portatori di malattie sessualmente trasmissibili, tra cui il nuovo aggiunto, ovvero l’AIDS) e che di conseguenza fosse lecito escluderli dalla donazione di sangue.

Nel 1983 infatti la Francia vietava categoricamente la donazione di sangue per tutti gli omosessuali. Era un discrimine basato non s’una effettiva infezione in corso – che rende naturalmente impossibile donare sangue, in via temporanea o definitiva – ma soltanto sull’orientamento sessuale.

La differenza di trattamento era basata sull’aumento del rischio legato all’infezione da HIV tra gli omosessuali. Questo poteva essere vero nel 1990 quando, in Francia, 1 donazione su 310 mila poteva essere sieropositiva non rilevata, ma a oggi, nel 2022, la probabilità è 40 volte inferiore, e dunque la differenza di trattamento adesso non reggerebbe più. Quando le conoscenze sull’AIDS furono approfondite, le limitazioni relative alle donazioni di sangue vennero mano a mano modificate.

Nel 2016, nell’ambito di una riforma sanitaria, gli MSM vennero inseriti nella lista dei possibili donatori, ma i criteri di selezione furono poi fissati da un ulteriore decreto (la cui ultima versione risaliva al dicembre 2019, entrata poi in vigore il 2 aprile 2020), in cui le condizioni per gli uomini gay e bisessuali erano comunque diverse da quelle per le persone eterosessuali. In pratica si doveva sostenere un colloquio preventivo nel quale il donatore giustificasse l’astinenza sessuale nei 12 mesi precedenti alla donazione stessa.

Nonostante più avanti nel 2020 il periodo di astinenza richiesto fosse sceso a 4 mesi, quest’ultimo provvedimento non solo continuava a gettare discrimine sui donatori omosessuali, ma escludeva in via definitiva tutti gli uomini in una relazione fissa con un altro uomo. L’interdizione in esame non menzionava, ad esempio, le donne lesbiche e riguardava invece le persone eterosessuali solo nel caso in cui ci fossero state relazioni con più partner (quindi, per un donatore o una donatrice eterosessuali era posto in esame non l’orientamento sessuale ma le abitudini sessuali, più nello specifico il numero di partner sessuali coi quali si avevano avuto rapporti, non il loro sesso).

“Libération” (quotidiano francese fondato da Sartre nel 1973 con sede a Parigi) scrive che nel 2021 le persone gay escluse dalla donazione di sangue per il fatto di essere omosessuali erano 700, sulle 310 mila che invece erano state escluse per ragioni diverse (età, febbre recente, uso di farmaci e/o di droghe, tatuaggi, cure odontoiatriche...). Rispetto al totale, 700 sono poche, ma prese da sole sono 700 potenziali donatori esclusi sulla base di un discrimine.

C’è chi teme, rivelando la propria omosessualità, di essere inserito in una “lista nera per gay”. I motivi di controindicazione nella donazione del sangue sono registrati presso l’EFS (l’Istituto di sangue francese, in francese “Établissement français du sang”), accessibile in tutti i punti di raccolta, ma lo stesso Istituto ha rifiutato il termine “lista nera”.

Il punto di svolta

Dopo la legge bioetica promulgata il 2 agosto 2021, sono stati proposti due emendamenti (510 e 873). Ne risultò un articolo 7bis della legge bioetica, che completava l’articolo 1211-6-1 del codice della sanità pubblica con l’aggiunta di una parte (in trad.):

«Nessun può essere escluso dalla donazione di sangue a causa del suo orientamento sessuale. I criteri di selezione dei donatori di sangue sono definiti da un decreto del Ministero della Salute (...). Non possono basarsi su alcuna differenza di trattamento in particolare per quanto riguarda il sesso dei partner con cui i donatori hanno avuto rapporti sessuali, non giustificata dalla necessità di proteggere il donatore e il ricevente. I criteri sono riveduti periodicamente per tener conto in particolare dell’evoluzione delle conoscenze dei dispositivi di sicurezza e dei rischi sanitari.»

La versione dell’articolo 1211-6-1 in vigore a partire dal 28 gennaio 2016 diceva soltanto che «nessuno può essere escluso dalla donazione di sangue a causa del suo orientamento sessuale».

Secondo quanto pubblicato sul sito ufficiale di EFS, «non saranno più poste domande relative al genere del partner sessuale del donatore né sul questionario né durante il colloquio preliminare effettuato da un medico o da un infermiere». Un unico criterio per potenziali donatori eterosessuali e omosessuali. È stato inoltre aggiunto che «il nuovo decreto include anche un nuovo criterio di rinvio per 4 mesi in caso di assunzione di un trattamento per la profilassi pre-esposizione o la post-esposizione all’HIV». Nel questionario aggiornato nel gennaio 2022 (a proposito del rischio di trasmissione di agenti infettivi da esposizione per via sanguigna o sessuale) vengono presi in esame rapporti sessuali con partner di qualunque genere, senza distinzioni [1].

Nei precedenti questionari, per candidarsi a donatore di sangue c’era una casella riservata ai potenziali donatori uomini che avessero avuto rapporti sessuali con altri uomini, non solo negli ultimi 12 mesi dalla data della domanda, ma anche in tutto il corso della propria vita [2].

In Italia?

Dal questionario per candidarsi a donatore presso l’ente AVIS emerge chiaramente che eterosessualità, omosessualità e bisessualità sono posti sullo stesso piano di rilevanza per completare l’anamnesi del potenziale donatore [3], così come la tipologia di contatto sessuale (genitale, orale, anale). L’occasionalità può riguardare più partner così come un singolo partner. E soprattutto, nessuna voce del modulo chiede di dichiarare il proprio orientamento sessuale o se (nello specifico per un donatore uomo) ci siano stati rapporti con altri uomini.

Il principio è dunque che non esistono persone o categorie di persone a rischio, ma piuttosto comportamenti a rischio. Per cui, la valutazione del rischio è individuale e dipende da una specifica condotta, quindi dalla donazione possono essere escluse solo le persone con abitudini sessuali ritenute non idonee, indipendentemente dall’essere omo, bisex o eterosessuali.

Tutto questo grazie a Umberto Veronesi, che nel 2001 (quand’era Ministro della Sanità) aveva emanato un decreto che eliminava il divieto per i gay di donare sangue (una norma imposta nel 1991 da un provvedimento dell’allora Ministro della Sanità Francesco De Lorenzo). Il nuovo questionario introdotto dal decreto Veronesi prevedeva che nessuna domanda dovesse riferirsi all’orientamento sessuale.

Oltre la carta

Il vero problema è quando si passa dalla regolamentazione su carta ai comportamenti degli operatori sanitari e dei medici all’interno dei punti di raccolta e/o dei centri ospedalieri. In Italia gli uomini gay possono ancora andare incontro ad alcuni ostacoli nel diventare potenziali donatori. Giulio Maria Corbelli, vicepresidente di “Plus Onlus” (organizzazione italiana che si occupa di persone LGBT sieropositive, con sede a Bologna), ha confermato che spesso la donazione di sangue di uomini gay è a discrezione del centro trasfusione al quale ci si rivolge e/o al medico curante con cui si fa il colloquio prima della donazione.

È chiaro che la regolamentazione sia un traguardo importante, ma per potersi considerare realmente raggiunto è necessario che la “carta” sia seguita da una messa in atto concreta delle nuove norme. Altrimenti sarà solo altra carta facilmente raggirabile dalla burocrazia e dal libero arbitrio dei diretti esecutori.

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