Torniamo a parlare di euro, delle sfide incontrate e della sua evoluzione

Vent’anni con l’euro

, di Antonio Longo

Vent'anni con l'euro
Avij (talk contribs), Public domain, via Wikimedia Commons

Il 1° gennaio 2002 gli europei trovarono l’euro nelle loro tasche. Una rivoluzione a lungo preparata, il Trattato di Maastricht (Unione Economica e Monetaria) che lo sancì è del 1992, stabilendo un lavoro preparatorio e di avvicinamento per tappe lungo dieci anni.

L’euro è molto più che una moneta, è un progetto politico, che ha creato una comunità di destino per gli Europei. È stata la risposta data alle svalutazioni competitive che le singole monete nazionali praticavano lungo il corso degli anni ’70 / 80 del secolo scorso, rischiando di distruggere il “mercato comune”, prima grande acquisizione del progetto europeo. Fu, poi, la risposta europea alla riunificazione tedesca, per una Germania europea anziché per un’Europa tedesca.

Il Cancelliere Helmut Kohl ne difese a spada tratta l’introduzione. contro i molti che in Germania non capivano perché si dovesse abbandonare il marco, all’epoca la più forte moneta in Europa. Disse, nel discorso al Bundestag, che l’introduzione dell’euro era “questione di pace o di guerra”.

La moneta unica è stata, finora, il più potente progetto “federale” di accelerazione del processo di unità politica. Ha difeso l’Unione durante la crisi finanziaria del 2008 e negli anni successivi. Senza il suo scudo i Paesi dalle finanze deboli (come l’Italia) sarebbero stati travolti dalla speculazione internazionale e l’Unione europea sarebbe andata in frantumi.

Non sono mancati i suoi detrattori, interessati o non consapevoli del suo significato politico. Dai tanti politici che, un tempo, dicevano che “era stato fatto male”, senza sapere che il valore di una valuta non si decide con un tratto di penna, ma lo stabilisce il mercato (e per il mercato un ECU/euro stava da qualche parte intorno alle 1930 lire); fino ai tanti “no euro” di svariate tendenze politiche che pensavano che la sovranità è decidere quanta moneta stamparsi nel proprio sottoscala nazionale.

Poi c’è voluto un certo Mario Draghi a spiegare, da presidente della BCE, che l’euro era “irreversibile”. Voleva dire che non si può buttar via tutto ciò che è stato costruito in decenni di unità europea e che ha reso le nostre società integrate dal punto di vista economico, sociale e culturale pur nella loro diversità). E che l’euro era espressione della nostra unità e che, pertanto, andava difeso whatever it takes, anche ricorrendo a strumenti monetari non convenzionali. In realtà quegli strumenti non furono mai usati, ma bastò quell’annuncio e la decisione con cui ne minacciò l’uso (and believe me, it will be enough) per battere la speculazione.

Da allora l’euro cominciò ad esser considerato, anche nel nostro Paese, come l’espressione della nostra forza e che la vera sovranità è quella che si “condivide con altri”, come insegnò Carlo Azeglio Ciampi, vero padre dell’euro per l’Italia.

La politica monetaria da sola non basta a fronteggiare le crisi economiche e la disoccupazione. È vero, ci vuole anche la politica economica. A Maastricht, purtroppo, si fece solo l’unione monetaria (fu la Francia a voler così). Se si fosse fatta anche quella economica il piano europeo di investimenti (Recovery Plan) sarebbe iniziato già nel 2008, come avvenne in America. L’Europa l’ha fatto ora, con dieci anni di ritardo. È, comunque, sempre grazie alla forza dell’euro e alla sua credibilità sul mercato mondiale (quasi il 40% delle transazioni globali sono in euro) che la Commissione può emettere i bond con la tripla A che finanziano gli investimenti NextGenEU. L’euro è ormai moneta di riserva internazionale, come il dollaro, lo ricordò persino la Cina ad Angela Merkel, per dire che la forza economica dell’UE comporta un’adeguata assunzione di responsabilità politica.

Occorre allora passare alla definizione di una politica estera europea, capace di assumere il multilateralismo come il “faro europeo” per la costruzione di un ordine mondiale basato sulla cooperazione tra le grandi aree politiche ed economiche, anziché sul confronto-scontro tra le potenze.

L’euro è stato, assieme alla democrazia europea, un vettore dell’unità politica. Ricordiamolo, ricchi di questa prima esperienza ventennale. Per rafforzare ulteriormente la nostra Unione: nella solitudine non c’è sovranità (Mario Draghi).

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